Dal libro: Dal Cristianesimo delle origini al Monachesimo; Cap. 2

 

2.3.2       L’intervento di Costantino nelle controversie religiose

Costantino, nella convinzione che il responsabile di uno Stato che riconosceva nella religione cristiana il suo carattere più rilevante ne dovesse garantire il più efficace sviluppo e, coll’intento di redimere ogni disputa religiosa nell’interesse della pace sociale, intervenne personalmente con tutta la sua autorità nelle dispute, tra queste il Donatismo e l’Arianesimo, che si stavano sviluppando all’interno della Chiesa. 

 

2.3.2.1   Donatismo

Movimento circoscritto ai confini dell’Africa settentrionale ed a cui aderivano i credenti di più umile condizione sociale, raggruppava i fautori del massimo rigore verso i peccatori pubblici (tra cui i lapsi) che li ritenevano fuori dalla Chiesa e pertanto non riconoscevano validi i loro sacramenti. Il rigorismo dei donatisti faceva dipendere il valore dei sacramenti dall’integrità personale degli ecclesiastici che li somministravano.

Il movimento di pensiero, nato nei primi anni del IV sec., dalla  critica che veniva rivolta ai vescovi che non avevano resistito alle persecuzioni di Diocleziano, aveva trovato un intransigente riferimento in un personaggio colto ed energico come  Donato di Casae Nigrae (detto il Grande per la sua eloquenza). La contestazione emerse a seguito dell’elezione, a vescovo di Cartagine, del diacono Ceciliano ritenuto un traditor (2.16) ed operata da un collegio tra i cui componenti vi era il vescovo Felice di Abtungi  presunto traditor. I donatisti si contrapposero con l’elezione, in una Chiesa scismatica, del vescovo Maiorino (312), a cui, morto subito dopo, successe Donato. Poiché la contestazione, acuita anche da motivi economici in quanto le agevolazioni concesse da Costantino riguardavano solo i cattolici, si estese mettendo in contrapposizione la Chiesa “dei santi”, ostile ad ogni compromesso (negavano la gerarchia ecclesiastica, legavano il valore del sacramento alla purezza di chi lo somministrava e ponevano la Chiesa in antitesi con lo Stato), con quella accomodante “dei traditori”, l’imperatore fu indotto ad intervenire. Costantino inizialmente affidò (febbraio 314) la soluzione della controversia al vescovo di Roma Milziade (311-314), il cui primato non era ancora riconosciuto con atti formali 1 , quindi ad un concilio convocato ad Arles (luglio 314) che, composto da diciotto vescovi di Italia e Gallia, confermò l’elezione di Ceciliano e condannò i Donatisti. Questi, malgrado una repressione con vittime attuata dal potere imperiale (317), persistettero nella loro intransigenza ed acquisirono consenso, al punto da indurre Costantino (321) ad un editto di tolleranza verso il gruppo scismatico.  

L’azione scismatica si protrasse fino al secolo successivo allorché, nel 411, l’imperatore del tempo Onorio tentò una ricomposizione convocando i vescovi donatisti e cattolici al Sinodo di Cartagine. Malgrado i cattolici fossero disponibili alla ricomposizione, questa non si verificò. Al sinodo partecipò S. Agostino (3.58) che, dal 393, si era impegnato nella polemica contro i donatisti pronunciandosi per una disciplina cattolica oggettiva in cui le posizioni personali del celebrante erano da ritenersi irrilevanti.

L’eresia perse consenso negli anni successivi a seguito dell’invasione dei Vandali (429) e si estinse con la conquista  musulmana del Magreb.

 

2.3.2.2    Arianesimo e Concilio di Nicea    

l’Arianesimo prese il nome da un austero ed onesto presbitero, il libico Ario2  che, a seguito di una riflessione dogmatica tendente a preservare l’assoluta trascendenza del Padre, di cui sosteneva il carattere assolutamente unico, assegnava al Figlio un ruolo subordinato (da cui la teoria definita subordinazionismo): “Dio Padre, ingenerato e diverso dal Figlio da lui generato e non creato”. Quindi un Figlio di natura intermedia fra la Divinità suprema ed immutabile e gli uomini, pertanto di rango inferiore e “del tutto differente da Dio” (anàmoios: differente; i sostenitori di questa dottrina vennero definiti anomei).

Dottrina che veniva a negare la base dogmatica del Cristianesimo (cristiani ortodossi) che sosteneva in Cristo identità di natura e sostanza con la Divinità suprema (homooùsios: uguale; omousi vennero definiti i suoi sostenitori).

Da questi ultimi si differenziarono successivamente coloro che assunsero una posizione meno radicale, ritenendo Cristo “somigliante a Dio” (homoioùsios: somigliante; omeisti  i suoi sostenitori).

 

A contenere tale dottrina diffusasi da Alessandria in tutto il Medioriente, essendo inadeguate le misure utilizzate dalla Chiesa contro gli eretici, dovette impegnarsi l’imperatore a redimere una controversia prettamente teologica che si domandava “se Cristo era della stessa natura divina del Padre (consustanzialità : identità di natura e sostanza), ovvero inferiore a Lui, anche se superiore ad ogni altra creatura”. Questa ultima eventualità avrebbe potuto indurre una diversa posizione dottrinale che, negando a Cristo la natura divina, faceva perdere alla Chiesa da Lui fondata la funzione di mettere in comunicazione il credente, attraverso i sacramenti, con una vita soprannaturale. Privata di questa funzione, la Chiesa sarebbe stata ridotta ad una organizzazione puramente terrena con scopi educativi e, in mancanza della prerogativa spirituale, ad uno strumento di collaborazione con l’etica stabilita dello Stato ed asservibile al suo potere.

Costantino, consigliato da Eusebio di Nicomedia3 ed attribuendo alle dispute solo una valenza terminologica, cercò dapprima di contenere i contrasti esplosi a seguito della condanna di eresia attribuita ad Ario dal vescovo Alessandro di Alessandria 4 (319) e dal Sinodo dei vescovi egiziano (321)5  che, peraltro, non registrò il consenso di tutto l’episcopato. Per dirimere la disputa fra ariani integralisti e cristiani ortodossi ed affermare la posizione ufficiale della Chiesa, Costantino decise di convocare, nel giugno del 325 nel palazzo imperiale di Nicea (vicino a Nicomedia), gli ecclesiasti più rappresentativi del tempo per il primo Concilio ecumenico della storia della Chiesa (primo caso di cesarepapismo) che, costituendo la prima manifestazione dell’unità religiosa dell’Impero, riunì, con il loro seguito, circa 300 vescovi (318, secondo l’opinione del tempo, molto meno secondo altri autori), di cui solo cinque europei e la stragrande maggioranza orientali, provenienti da Egitto e Siria e su cui il potere imperiale aveva posto la sua egemonia. Vescovi cui, in qualità di successori degli apostoli, competeva di indicare, sul piano formalmente religioso, il giusto indirizzo alla fede che contrapponeva cristiani ed ariani. Al concilio non intervenne il vescovo di Roma Silvestro (2.40) che non voleva nemmeno sentir messa in discussione la tesi identitaria (consustanzialità).

Costantino, sfolgorante nelle insegne del suo grado e circondato dalla sua corte avviò, con un discorso centrato sulla concordia quale auspicio di pace religiosa, i lavori che successivamente fece condurre al vescovo Osio (2.45), suo consigliere e portavoce. Mancando precedenti esempi, il dibattito affrontò inizialmente problemi procedurali, che, successivamente perfezionati, assunsero valore normativo in ambito canonico. Dopo una serie di conflitti di natura prettamente politica, tra cui il ruolo del vescovo di Roma e quello dell’imperatore e l’elaborazione di canoni (norma giuridica della Chiesa) di natura disciplinare, abbandonato il principio di separazione fra Chiesa e Stato, il dibattito si centrò sul tema “sostanziale” della tesi di Ario. Il vescovo di Alessandria, Atanasio6  sostenne la tesi cristiana ortodossa mentre quella ariana fu affidata ad Eusebio di Nicomedia.

In merito alla controversia, la quasi totalità dei Padri7, malgrado la difficoltà e l’estenuante ampiezza  della discussione e malgrado perdurasse il dissenso di Ario e due suoi vescovi8, affermò la consustanzialità del Padre e del Figlio da intendersi come “identità di natura e sostanza” : una è la sostanza divina e tre le Entità divine: il Padre ingenerato, il Figlio Gesù o Verbo generato e lo Spirito Santo che procede dal Padre9. Concetto definito nel “Credo cristiano” (Simbolo di Nicea):  “Dio vero da Dio vero; generato non creato; della stessa sostanza del Padre”.

Questa formula trinitaria rappresenta il dogma centrale del Cristianesimo e lo differenzia dagli altri monoteismi. Successivamente il Concilio di Costantinopoli (381) lo riprenderà per una ulteriore definizione (Dogma Trinitario) e S.Agostino ed i padri cappadoci10  lo analizzeranno con rigore.

Ario con i suoi seguaci fu esiliato nell’Illirico.

 

Le decisioni del concilio, imposte dallo Stato e con soddisfazione accolte dal vescovo di Roma, non trovarono opposizione in Occidente mentre in Oriente rappresentarono motivo di una serie di contrasti fra cristiani ortodossi ed ariani integralisti che, rimasti comunque maggioranza, indussero Costantino, su suggerimento dei consiglieri di corte11, alla convocazione, nel 335, del sinodo di Tiro (3.3.1) che ribaltò le decisioni di Nicea.

Con Costantino ed il Concilio di Nicea si concludeva il periodo di definizione del Cristianesimo antico che, da allora, si avviò verso la completa ufficializzazione12 con cui divenne elemento costitutivo dell’Impero.

Accantonati i timori delle aggressioni, la Chiesa si volse ad affrontare le controversie teologiche (trinitarie e cristologiche) per giungere con i concili di Costantinopoli (381), Efeso (431) e Calcedonia (451) e, con l’età aurea della letteratura patristica (2.47), a più precise e durevoli definizioni dogmatiche.

 

 

Note

1        Il riconoscimento avvenne successivamente, nel Concilio di Nicea in cui venne riconosciuta la preminenza della sede di Roma, accanto alle sedi patriarcali di Antiochia ed Alessandria cui, dopo il 330 (2.36) si aggiunse la sede patriarcale di Costantinopoli.

2        Ario (256-336) si era impegnato nel contrapporsi al Manicheismo ed al Modalismo (o Sabellianismo), a seguito degli insegnamenti ricevuti da Paolo di Samosata (2.25) e dal suo allievo Luciano di Antiochia (235-312), maestro di Ario ed ispiratore delle tesi che Ario elaborò nella dottrina per cui fu condannato come eretico dal sinodo egiziano. A seguito della condanna si recò in Palestina trovando rifugio e sostegno a Nicomedia da parte di un consigliere di Costantino, Eusebio di Nicomedia (2.43) con cui creò un centro di diffusione della dottrina. Dopo il concilio di Nicea fu esiliato nell’Illirico (regione balcanica). Morì alla vigilia della sua reintegrazione da parte di Costantino.

-       Manicheismo               è una forma di gnosticismo che contrappone il Bene, luce e Dio, con il Male, tenebre e diavolo, e quindi il mondo perfetto di Dio a quello terreno imperfetto in cui siamo esiliati; la salvezza è rivelata da Dio a pochi eletti, in contrapposizione con la dottrina cristiana per cui la salvezza è patrimonio di tutti grazie alla fede. (3.3.6)

-       Modalismo o Sabellianismo, dal nome del suo principale rappresentante Sabellio, un presbitero della Cirenaica che sosteneva la indivisibilità di Dio, costituito da una sola entità che si manifestava, in sequenza in tre attributi (Padre, Figlio, Spirito Santo) (3.25).

3        Eusebio di Nicomedia (?-341), educato alla scuola di Luciano di Antiochia, fu vescovo ariano prima di Berytus (Beirut) quindi di Nicomedia, successivamente di Costantinopoli (339-341) e vero animatore della dottrina ariana. Esiliato dopo il Concilio di Nicea durante il quale intervenne, sostenendo la palese diversità di Cristo da Dio, con una analisi così puntigliosa da alienarsi il favore dei moderati. Nel 328 Costantino decise di richiamarlo dall'esilio. Il successore di Costantino, il figlio Costanzo II, di fede ariana (3.1.1) gli assegnò il seggio di vescovo di Costantinopoli che aveva destinato ad Ario. Prima di morire nominò vescovo Ulfila (5.5) che diffuse l’arianesimo tra i Goti.

4        Alessandro vescovo di Alessandria (250-328) dal 313 all’anno della sua morte. Santo delle Chiese cattolica, ortodossa e copta.

5        Osio (256-357) vescovo di Cordoba, famoso per prudenza ed abilità politica, consigliere di Costantino, era presente al Sinodo egiziano, in qualità di legato del vescovo di Roma, Silvestro I. Osio era presente anche a Milano (313), accanto a Costantino, nel corso degli accordi preparatori dell’Editto di Milano (2.38) e,  sembra, sia stato il principale estensore del Credo niceno.

6        Atanasio di Alessandria (295-373) patriarca (328) e dottore della Chiesa, sostenitore dell’ortodossia. Ancora diacono, accompagnò Alessandro (2.44) al concilio di Nicea, contrapponendosi all’arianesimo e, per questo, fu oggetto di una serie di ritorsioni che saranno sviluppate nel capitolo seguente. Autore di diverse opere tra cui Vita di S.Antonio (4.1).

7        Il temine Padre, in Orientale identificava i “maestri”, fu inizialmente applicato ai vescovi quali testimoni della successione apostolica e depositari del patrimonio dottrinale della Chiesa. A partire dal IV sec. si è valutata soprattutto l’autorità dottrinale ed il termine è stato utilizzato per indicare un gruppo di autori ecclesiastici del passato caratterizzati da dottrina, ortodossia e santità di vita. A cui, successivamente, per selezionare coloro che rientrano nel “canone” (adesione all’autenticità dottrinale del Cristianesimo) è stata aggiunta la caratteristica di “approvazione della Chiesa” che si esplicitava con la semplice citazione in un Concilio. Il titolo è stato successivamente esteso a semplici preti (es. S.Girolamo). Il periodo aureo della letteratura patristica è quello che va dal Concilio di Nicea (325) alla morte di S. Agostino (431) e comprende:

-  i padri della Chiesa orientale : S. Atanasio, S. Basilio, S. Gregorio Nazianzeno , S. Giovanni Crisostomo (344-407, predicatore e moralista, scrisse omelie e trattati morali e dottrinali), Cirillo Di Alessandria (370-444; teologo dell’Incarnazione);

-  I padri della Chiesa occidentale: S. Girolamo (dottore delle Scritture), S. Ambrogio (dottore dell'indipendenza della Chiesa), S. Agostino (ispiratore del pensiero cristiano occidentale), Leone Magno (Papa, 440-461), Gregorio Magno (540-604).

         Per il Periodo antico si possono ricordare Clemente Alessandrino, Ignazio, Policarpo i cui scritti sono immediatamente successivi a quelli degli apostoli, quindi Tertulliano, Origene , Atenagora di Atene.

8        Eusebio di Cesarea aderì alle risoluzioni del Concilio, ma, restando sostanzialmente ariano, si differenziò dalle posizioni di Atanasio.

9        Le tre Entità si trovano associate in una unica formula nell’invocazione battesimale “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28, 19).

10       Basilio Magno di Cesarea (330-379) autore di scritti ascetici e dottrinali (Sullo Spirito Santo) per la definizione del problema trinitario. Gregorio di Nazianzio (330-390), autore di 45 Orazioni e 5 Discorsi teologici. Gregorio di Nissa (335-395), fratello di Basilio, partecipò alle dispute contro l’arianesimo; autore di Oratio catechetica in cui sistema i dogmi della Chiesa.

12       Tra cui la madre Elena, la figlia Costantina ed Eusebio di Nicomedia (2.43) che, dalla sua influente posizione, si adoperò per riuscire a condannare all'esilio il suo avversario Atanasio (2.46) strenuo sostenitore della tesi raccolta nel Credo di Nicea.

13       Editto di Tessalonica dell’imperatore Teodosio (3.3.1).